Onorevoli Colleghi! - Con la legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006) fu introdotta, a livello sperimentale, la possibilità per ogni contribuente di destinare il 5 per mille della propria imposta sul reddito a soggetti designabili come di interesse o rilevanza sociale e culturale.
      Tale disposizione costituì un esempio importante ed efficace di sussidiarietà fiscale, in quanto era data la possibilità ai cittadini di valorizzare, finanziandoli, quei soggetti operanti nel sociale ritenuti più meritevoli, e quindi più efficaci nella loro azione.
      Più libertà di scelta al cittadino e quindi più democrazia, ma nello stesso tempo veniva anche premiata la scelta dello Stato di affidare al privato sociale attività di pubblica utilità con positivi ritorni in termini di efficienza e di efficacia nel servizio.
      Tuttavia, nonostante le premesse, la vita della norma in oggetto non è stata tranquilla, anzi, sin dall'inizio ha dovuto affrontare non poche difficoltà finanziarie nonché alcuni dubbi interpretativi emersi in merito alla portata della disposizione agevolativa.
      Tralasciando quest'ultimi, quasi interamente superati, sono rimasti i problemi economici, che hanno catalizzato l'attenzione e i timori degli operatori interessati e dei mezzi di comunicazione.

 

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      Contribuenti ed enti del terzo settore hanno, infatti, più volte lamentato i ritardi con i quali il Ministero dell'economia e delle finanze ha predisposto le quote fiscali del 5 per mille assegnate in sede di dichiarazione dei redditi, già del 2006. Si tratta di una questione non di secondaria importanza, alla luce degli ingenti investimenti sostenuti dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) in campagne informative e pubblicitarie. Notoriamente, poi, per loro natura, tali soggetti sono economicamente e finanziariamente deboli e molti vivono sull'aspettativa del contributo del 5 per mille per le proprie attività e per programmare nuovi interventi.
      Il provvedimento, come è noto, è stato riproposto e reintrodotto in maniera bipartisan proprio nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge finanziaria per l'anno 2007, divenuto la legge n. 296 del 2006, in quanto tale misura rappresenta realmente un aiuto a tutte le associazioni di volontariato che svolgono un ruolo essenziale sul territorio, se non fosse che sia per il 2007 che per il 2008, con la legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), è stato introdotto un tetto massimo di risorse. L'introduzione di un tetto costituisce senza dubbio una limitazione alla portata della disposizione, né si comprende come si possa limitare una libera e volontaria scelta di oltre sedici milioni di contribuenti.
      Con la presente proposta di legge si intende trasformare l'agevolazione in parola, nata in forma sperimentale, in una misura stabile e strutturale in virtù del consenso che ha riscosso tra i contribuenti e della sua già manifestata utilità in termini di servizi resi alla comunità.
 

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